Vi siete mai chiesti perché quando ci troviamo in ascensore non ci si guarda mai negli occhi e si tiene sempre lo sguardo rivolto verso terra? Allontanare lo sguardo è di per sé un segnale che mette in evidenza la distanza tra noi e le persone che in quel momento ci circondano e che non si conoscono. Questa distanza siamo noi a proporla agli altri perché lanciamo quel segnale che dice: “non ho piacere di parlare con te/voi” tra l’altro anche in uno spazio cosi ridotto come l’ascensore. Il nostro spazio fisico e mentale è uno spazio che siamo tenuti a proteggere per non essere invasi dagli altri e si chiama spazio prossemico ovvero quello spazio che tendiamo a conservare in tutti i rapporti sociali. Attraverso l’utilizzo della prossemica che personalmente la ritengo una specie di “no fly-zone”, comunichiamo agli altri determinate informazioni e questo insieme di comunicazioni si chiama prossemica che concerne appunto l’organizzazione, la percezione e l’uso dello spazio. La definizione di prossemica risale all’antropologo Hall, che definisce la prossemica lo studio dell’uso della distanza nei rapporti interpersonali e le forme di comunicazione che essi sottendono. Abbiamo detto che viene definito bolla o uovo prossemico lo spazio identificato come personale, e dentro il quale poniamo delle regole specifiche che derivano dalla persona, dalla cultura e dalla società. Nella prossemica ci sono ben tre livelli di spazio. Il primo è lo spazio fisso ovvero quello spazio fissato da frontiere e confini, case e luoghi posti all’interno di una determinata città o luogo geografico. Il secondo è lo spazio semifisso dove sono gli oggetti che delimitano questo spazio ma non lo fanno permanentemente perché vengono spesso spostati. Infine lo spazio personale. Lo spazio che non vogliamo venga invaso. In poche parole non vogliamo essere toccati. Un esempio di spazio prossemico influenzato dalla cultura di quel Paese è quello delle distanza tra due persone che stanno parlano tra di loro. Nei paesi arabi due persone che parlano tra loro stanno molto vicino, quasi gomito a gomito, in Europa e in Asia invece si tende a mantenere una distanza di almeno un braccio. No fly zone, nessuno deve permettersi di volare dentro a quel “cerchio” immaginario che fa parte della mia vita ma anche io non devo permettere agli altri di invadermi migliorando in modo semplice ed immediato la qualità della stessa e vivere in armonia con tutto ciò che mi circonda compresa la gente. La distanza umana, sulla base della quale vengono regolati i rapporti interpersonali, viene definita spazio vitale o spazio prossemico. Le quattro distanze prossemiche sono:
- distanza intima (0-50 cm), caratteristica dei rapporti stretti, dove è presente intimità, come tra partner, tra madre e figlio, tra familiari, ecc. A questa distanza si è talmente vicini da potersi perfino toccare e odorare
- distanza personale (50–150 cm), utilizzata per l’interazione con gli amici
- distanza sociale (150-300 cm), utilizzata per la comunicazione tra conoscenti, nel rapporto insegnante-allievo o tra colleghi
- distanza pubblica (oltre i 300 cm), utilizzata per le relazioni pubbliche. In questo caso specifico il coinvolgimento che si viene a creare non è tanto con il singolo bensì con l’insieme delle persone in generale.