Il suono è l’effetto dello spostamento dell’aria causata dalla vibrazione di un corpo, che provoca un’onda acustica. Nella stragrande maggioranza dei casi, a meno che non sia eseguita dal vivo senza amplificazione, la musica che ascoltiamo è riprodotta da un altoparlante, che sia un auricolare Bluetooth o un enorme subwoofer, in cui una membrana conica si muove avanti e indietro su impulso di un campo magnetico azionato da un segnale elettrico in precedenza amplificato. La musica elettronica da moltissimi anni ha prodotto moltissimi lavori interessanti con protagonisti di assoluto valore su cui spicca il nome di Jean Michelle Jarre. Sintetizzatori alla mano e il concetto di musica elettronica è comprensibile anche a chi poco conosce questo genere. La grande novità dei sintetizzatori e degli strumenti elettronici in generale fu che per la prima volta per produrre quel segnale elettrico non si partiva da una sorgente acustica – una voce in un microfono, le corde di una chitarra elettrica in un pick up – ma direttamente da un impulso elettrico, che veniva prodotto utilizzando dei circuiti. I primi sintetizzatori apparvero nei primi decenni del ‘900 ma la vera rivoluzione avvenne negli anni ’60. Il primo impatto positivo sul mercato degli strumenti musicali elettronici lo ebbe il synth chiamato “Moog” creato dall’americano Robert Moog. Il Moog era ed è ancora un dispositivo modulare ovvero componibile appoggiato su un telaio dove le “scatole” in legno cosi chiamate contenevano i modulometri, potenziometri ed interruttori. A comandare i vari moduli era una semplice tastiera con la quale si poteva scegliere la nota da suonare, una per volta (non era cioè un sintetizzatore polifonico, in grado di suonare accordi). Ciascun modulo aveva un compito diverso: avevano nomi che sono ancora oggi quelli comunemente utilizzati quando si parla di sintetizzatori, come oscillatori, filtri, generatori di inviluppo, e contribuivano tutti alla definizione del suono finale. Semplificando molto, il sistema progettato da Moog funzionava così: scegliendo una nota della tastiera si azionava un segnale elettrico di un determinato voltaggio, che passava inizialmente attraverso un oscillatore, il modulo più importante. Con il Moog si potevano produrre infiniti suoni che con gli oscillatori gli stessi passavano attraverso i vari moduli collegati che aggiungevano ulteriori caratteristiche e forme nonché effetti al suono. Il Moog inaugurò l’era dei sintetizzatori nella musica leggera ed in quella rock. Gruppi come i Tangerine Dream, Yes, Emerson, Lake and Palmer fino ai Beatles e Rolling Stones si servivano del Moog per creare effetti speciali ai loro lavori. In Italia, dove – si sa – le innovazioni arrivano ed attecchiscono sempre con ritardo, Moog divenne molto popolare nel 1975 grazie al successo da classifica Amore grande amore libero di Federico Monti Arduini (con lo pseudonimo “Il guardiano del faro”). Ma il primo solo di Minimoog risuonò in Italia grazie alla PFM, che lo utilizzò nel 45 giri Impressioni di Settembre (ottobre 1971). Da quel momento in poi, e praticamente in contemporanea, troviamo il sintetizzatore anche sui dischi de Le Orme, dei New Trolls, del Banco, degli Area. Nonostante il grande sviluppo della musica suonata con strumenti digitali in questi anni, i sintetizzatori Moog sono ancora particolarmente richiesti da compositori e band musicali. Il loro impiego ha consentito di introdurre e perfezionare nuovi stili musicali, creando suoni sostanzialmente impossibili da realizzare in altro modo.
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