Filippo Bruno nasce a Nola, una piccola città vicino Napoli, nel 1548 da una nobile famiglia campana. Sin da ragazzo dimostra una propensione allo studio e un’acutissima intelligenza. Intorno ai 15 anni, pare soprattutto per proseguire i suoi amati studi filosofici più che per un vero e sincero interesse per la teologia, frequenta il chiostro dell’ordine dei domenicani a Napoli. Prendendo i voti, decide di mutare il suo nome in Giordano e diventa un grande esperto nell’arte mnemonica. Il suo carattere irrequieto e insofferente ai dogmi e alle costrizioni lo porta a scontrarsi da subito con le autorità religiose: nel 1576 decide di abbandonare l’ ordine e si trasferisce dapprima a Roma, poi a Nola, Savona, Torino, Padova fino ad approdare a Ginevra. Gli anni della maturità sono segnati da continui viaggi, peregrinazioni e fughe: sono gli anni della Controriforma, e le idee spregiudicate di Giordano mal si accordano con l’imperante ortodossia religiosa. Uno spirito inquieto, che viene investito dalla prima denuncia quando è ancora alle prese col noviziato: viene infatti accusato di aver tolto dalla propria cella le immagini dei santi. Più avanti, nel 1576, uno della confraternita lo taccia di eresia per aver aver avanzato delle riserve circa il principio fondante della Trinità. Il rischio di una condanna era dunque consistente, e così Bruno va via da Napoli per rifugiarsi a Roma. Deve però fuggire anche dalla Capitale del Cattolicesimo, perché viene accusato, per errore, dell’omicidio di un monaco. Inizia da quel momento in poi una fase di spostamenti in vari angoli d’Europa, dove, spogliatosi degli abiti dell’Ordine Domenicano, si muove di città in città approfondendo ogni confessione cristiana, senza mai precludersi l’allargamento dei propri orizzonti di riflessione e l’approfondimento dei suoi studi filosofici. Nel marzo 1592 si stabilisce a Venezia, chiamato da Giovanni Mocenigo, un aristocratico che si dichiara desideroso di apprendere le cosiddette “arti magiche” per le quali Bruno cominciava a essere conosciuto e in particolare la mnemotecnica, un efficace metodo di memorizzazione che Bruno stesso aveva ideato e sperimentato, sempre ribadendo come tale tecnica andava considerata una derivazione “non dalla magia, ma dalla scienza”. Fu lo stesso Mocenigo che offeso per la fuga di Giordano Bruno da Venezia a denunciarlo alla Santa Inquisizione. Giordano Bruno subì una serie di processi ed anche quasi sotto tortura non abiurò mai in quanto si dichiara filosofo e conoscitore della verità e rifiuta l’accusa di eresia. La chiesa però non ammette questo comportamento, perché Giordano Bruno se lasciato andare avrebbe sprigionato tutto il suo potere sradicando la Chiesa stessa e portando alla luce i grandi segreti che essa nascondeva. Fu cosi che venne condannato al rogo con l’accusa di eretico ostinato, impenitente e pertinace e arso vivo a Campo de Fiori a Roma il 17 febbraio del 1600. Venne realizzata una statua con lo sguardo severo rivolto verso il Vaticano, una chiara forma di simbologia atta a denunciare l’ipocrisia della Chiesa e dei suoi dogmi. L’impatto di Giordano Bruno sulle posizioni della Chiesa, specie in ambito scientifico, fu sconvolgente, ma tuttora la Santa Sede, pur avendo espresso “profondo rammarico” per la sua morte, non ne ha riabilitato le concezioni. Eppure lui, vissuto in un’epoca ancora “prescientifica” ( precedente l’introduzione del metodo sperimentale di Galileo), è stato capace di intuizioni fuori dal comune. Nello scritto “La cena de le ceneri” (1584) aveva ipotizzato il principio di relatività del moto, anticipando lo stesso Galileo. Inoltre, con la sua teoria sull’esistenza di “mondi innumerevoli e innumerabili”, cioè immaginando che l’universo ospiti un numero infinito di stelle e soli, Bruno contemplava la presenza di pianeti extrasolari. A parte le teorie scientifiche raffinate e complesse, Giordano Bruno sarà ricordato per sempre, visto l’iter processuale, come simbolo universale della libertà di pensiero che va rivendicata contro ogni forma di censura.
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